La prima volta che ho visto la Pilotta dall’esterno ero piccolo e sono rimasto subito ammaliato dal suo fascino e dalla sua imponenza. I miei genitori mi avevano raccontato a grandi linee la sua storia ma in quel momento non avevo compreso la sua importanza. Ero ancora troppo piccolo per aprire quello scrigno di tesori e conoscenza così importante. Anni dopo ci sono entrato con una gita organizzata dalla scuola e mi ha molto emozionato di nuovo. Era una Pilotta molto diversa da quella di oggi. Dopo quella volta è passato parecchio tempo prima di poterci rientrare. Poi, crescendo, ci sono tornato altre volte in varie occasioni tra mostre, eventi o semplicemente per visitarla nuovamente. Nel 2003 ho avuto l’occasione di approfondire meglio la mia conoscenza perché ho partecipato alla realizzazione di un documentario dedicato a Parmigianino (in qualità di montatore e facendo anche una piccola parte delle riprese), documentario che trattava sia le sue opere che la grande mostra a lui dedicata all’interno del complesso monumentale.

La genesi di questa storia si collega al documentario sul monumento a Giuseppe Verdi perché, come spiego nella pagina dedicata ad esso, vedendo in un libro alcuni monumenti di Parma ho cominciato a pensare a come potevano essere in passato, alla loro costruzione e tutto quello a cui erano legati. Da quel momento ho cominciato a pensare a cosa potevo fare per realizzare qualcosa con questi due argomenti. Da una parte la Pilotta e dall’altra il monumento dedicato a Verdi. Ho sempre avuto questo tarlo che girava in testa. Poi nel 2011, due anni prima del bicentenario verdiano, ho deciso di cominciare prima quello sul monumento per una questione di ricorrenza storica. Ma non era mia intenzione lasciare in un cassetto l’altro progetto. Infatti, quando nel 2015 ho finito il documentario su Verdi, sono partito subito a lavorarci e a prepararne il soggetto. 


Mi sarebbe piaciuto iniziare l’anno successivo, ma purtroppo per vari motivi ho dovuto attendere tanto tempo perché si verificassero le giuste condizioni per cominciare. Ne ho approfittato per studiare e conoscere meglio ogni angolo. Mi sono trovato benissimo con tutto il personale che mi ha aiutato in tutte le fasi, anche perché ad un certo punto c’è stata una specie di rivoluzione. Le riprese sono partite nel 2019, con l’installazione di Maurizio Nannucci sui muri esterni e poi sono continuate con i cantieri e le trasformazioni di gran parte di tutto il complesso museale e sono finite nel 2024. Ho potuto seguire lo stato di avanzamento dei lavori nei vari cantieri, le trasformazioni e le mostre che sono state allestite in questo periodo di tempo.

Cinque anni ma ne è valsa la pena, anche perché se lo avessi fatto poco prima avrei comunque dovuto aggiungere tutto questo materiale nuovo. È stata un’esperienza molto formativa, ho visto da vicino il lavoro minuzioso di tante figure professionali che hanno arricchito la mia conoscenza e appagato la mia curiosità. Un viaggio attraverso il tempo e lo spazio, tra stili e forme artistiche molto diverse tra loro. Ho seguito lo stesso percorso per tanti anni, dai Farnese ad oggi, passando per i Borbone e Maria Luigia d’Austria, che mi ha portato a ritrovarmi in uno nuovo arricchito di molti elementi e strutturato in modo ancora più immersivo ed inclusivo. La curiosità, la voglia di conoscenza e la ricerca delle origini mi hanno spinto ad approfondire sempre più la storia della mia città. Ho messo tutta la passione che ho per la ricerca e per il cinema in questo progetto e mentre finisco di scrivere questa frase penso: “Tempo presente e Tempo passato sono forse presenti nel Tempo futuro”…